La Psicologia

Psicologia: Cenni storici, definizioni e legislazione

La pratica psicologica è antichissima. La professione psicologica, quale più o meno la conosciamo oggi, ha preso questo nome abbastanza di recente, intorno alla metà del ‘900.In precedenza, tuttavia, la psicologia veniva attuata negli asclepideon greci oltre duemila anni fa con delle pratiche denominate therapeia. Alla base della pratica psicologica c’è l’operatività realizzata sul campo, come disciplina intellettuale e scientifica è nata nelle università, come arte del prendersi cura dxelle sofferenze umane è cominciata almeno nel paleolitico.

Nascita della psicologia

La psicologia nasce negli settecento con il medico illuminista Franz Anton Mesmer che, nella cittadina di Ellwangen, provò a curare le persone con quello che lui definì “magnetismo animale” anziché con metodi superstiziosi e preghiere miracolose. Nel corso del tempo fu poi sorpassata, come credenza ed affidabilità, da quelle che oggi si chiamano “scienze mediche”,collocandosi così dove attualmente la mettono la tradizione nazionalpopolare e le lobbies farmaco-medico-scientifiche: tra la medicina e l’affabulazione orale.
Infatti, nella pratica psicologica si è sempre giocato sull’ambiguità di una disciplina che vuole appartenere alla scienza sanitaria ma in cui manca la sequenza visibile “sintomo- farmaco-scomparsa del sintomo”, ed in cui coesistono il mito della malattia mentale, per cui lo psicologo ama parlare sempre nei termini paradiagnostici del DSM e professa la dichiarazione implicita che tutti sono nevrotici, con il mito negazionista della normalità, la quale non esisterebbe affatto, pur essendo ciò che lo psicologo promette implicitamente al paziente, una volta realizzata la guarigione dalla nevrosi di cui sopra.

La pratica psicologica infine, è sempre stata esercitata da persone che solo in qualche caso si sono definite psicologi professionisti, ma che maggiormente indossavano altre vesti. Mentre infatti una parte degli psicologi vuole a tutti i costi definirsi come operatore sanitario con tanto di camice bianco, la gestione del disagio psicologico quotidiano viene sempre più massicciamente attuata, con esiti anche positivi, da counselor, medici, psichiatri, guru, amici, sacerdoti, lettori di tarocchi, ecc….

Formazione contemporanea degli psicologi

La formazione contemporanea degli psicologi tiene assai poco conto di tale psicologia concreta e diffusa, dedicandosi invece prevalentemente al modo di impostare i problemi tipico degli accademici. E il tipico accademico, generalmente, anche quando tratta un tema apparentemente professionale o concreto, ragiona o descrive qualcosa che non pratica, o almeno di cui non mostra direttamente la pratica.

La psicologia è una disciplina molto amata anche se gli psicologi sono considerati meno affidabili di altri professionisti del settore, essi sono “tipi strani ed eccentrici” con i quali poter fare una chiacchierata fino a quando i problemi non si fanno seri, allora bisogna andare da un professionista!

In linea di massima il pubblico non distingue bene tra psicologi, psichiatri, counselor, assistenti sociali e altri professionisti della salute mentale.

Gli psicologi sono considerati un po’ meno dei medici e degli psichiatri, questi ultimi sono percepiti più interventisti ma meno scientifici; appare noto socialmente che lo psichiatra ha ricevuto una formazione medica, ovvero che è l’unico professionista che prescrive farmaci (benchè i farmaci vengano generalmente richiesti al medico di base).

Lo psicologo, di cui pure la maggioranza ritiene in linea di massima che eserciti, come attività principale la terapia, rispetto allo psichiatra viene considerato in linea di massima uno scienziato del comportamento, uno studioso dell’opinione pubblica, uno che si occupa di educazione infantile e di somministrazione di test. Più in generale, il pubblico mostra evidenti difficoltà a capire che cosa sia uno psicologo, se questi non si cura delle persone in termini più o meno clinici.

Per complicare, o regolarizzare, questo quadro d’insieme, fu creata nel corso del tempo anche la figura dello psicoterapeuta. Lui sì che aveva le credenziali (!) per attuare ciò che fu definita fin dalla Vienna di Freud la “talking cure”, ovverosia la cura della parola.

Ma facciamo un passettino di lato, una strada particolarmente utile per capire lo psicologo contemporaneo è lo studio della legge che regola la sua attività poiché una professione diventa socialmente percepita come rilevante quando viene inquadrata in un qualche regolamento. La definizione legale più rappresentativa dello psicologo deriva dalla legge che regolamenta l’Ordinamento della professione dello psicologo (DPR 56 del 18-2-1989). las formulazione di questa legge, nel suo primo articolo, ben riflette la concezione dello psicologo nella società italiana attuale:

1. La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.

Secondo la definizione della legge, la cura della malattia mentale è volutamente trattata a parte, nell’articolo 4 (Esercizio dell’attività psicoterapeutica), dove si dice:

1. L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162, presso scuole di specializzazione universitarie o presto istituti a tal fine riconosciuti

2.Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.

3.Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione.”

Come si può notare, nella legge manca qualsiasi definizione del concetto di psicoterapia. Infatti essa viene trattata separatamente e solo in termini di formazione professionale postuniversitaria riferita anche a medici non-psicologi, anche se viene definita dai professionisti come una parte rilevante dell’attività e dell’immagine dello psicologo. Una specie di psicologia- non psicologia con forti connotazioni sanitarie.

Ai medici, che pure rappresentano una categoria professionale non psicologica, è dedicato specificatamente un comma (il 2). E’ un riferimento paradossale se pensiamo che un medico non può accedere all’Ordine professionale degli Psicologi se non laureato anche in psicologia. Inoltre, nel caso della terapia, la preparazione medica (che spesso non prevede nemmeno un esame in Psicologia) è considerata formazione propedeutica allo stesso titolo di quella psicologica. L’attuale regolamentazione della professione dello psicologo, quindi, risente decisamente di pregiudizi ed anacronismi vari. Questi confini così labili sono stati dannosi per la psicologia applicata alla clinica, la sua immagine infatti appare subordinate a quella della psicoterapia anche se, oggi più che mai, è in netta ascesa l’intervento psicologico non necessariamente identificato o identificabile con lo specifico intervento psicoterapeutico. La domanda sociale di intervento non è più delimitata al campo delle psicopatologie e dei quadri sindromici descritti dal DSM, quanto a un molto più diffuso disagio che attraversa tutta la comunità, come una condizione esistenziale pregna di sofferenza psichica. Vi sono poi tutti quegli interventi che non sono centrati neanche sul disagio, ma che hanno sempre la loro focalizzazione sulle relazioni umane, sto pensando alla formazione professionale.

La psicologia come metodo di valutazione, comprensione ed intervento

Per concludere, potremmo dire che il naturale campo della psicologia, e della clinica applicata ad essa, sembra sempre più essere rivolto alla valutazione, alla comprensione e all’intervento sui sistemi relazionali umani, nei vari contesti in cui questi si danno, siano essi le famiglie o le organizzazioni sociali, le istituzioni o la scuola, fino ad arrivare al singolo individuo, in dipendenza soltanto dalla domanda che in un dato momento viene rivolta al professionista.