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Hikikomori

L’hikikomori rappresenta una grave forma di ritiro sociale, diffusa tra i giovani ed è attualmente oggetto di allarme e preoccupazione nelle società urbanizzate e tecnologicamente avanzate. Hikikomori deriva dai verbi giapponesi hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi) e porta l’attenzione sull’aspetto principale del fenomeno, ovvero il ritiro e l’isolamento dell’individuo dalle relazioni sociali. Il termine può riferirsi sia a colui che ne è afflitto sia alla condizione stessa, vale a dire un comportamento sociale singolare che consiste in un’autoresclusione volontaria. Il primo studio, che ha suggerito l’esistenza di una nuova condizione caratterizzata da ritiro sociale, risale alla fine degli anni ’70, quando alcuni professionisti della salute mentale giapponese avevano riportato casi di taikyaku shinkeishou (nevrosi da ritiro). Tuttavia, è alla fine degli anni ’80 che il termine hikikomori inizia a essere utilizzato per indicare giovani che si confinano nella propria stanza, rinunciando alle relazioni interpersonali per un periodo prolungato di tempo, della durata di almeno sei mesi in assenza di altri disturbi psichiatrici che spieghino il sintomo principale di ritiro. L’area confuciana è quella maggiormente coinvolta e la diffusione del fenomeno è esponenzialmente aumentata negli ultimi due decenni anche tra gli adolescenti.

giovani affetti da hikikomori

Il ministero della salute giapponese ha definito cinque criteri per la definizione dell’hikikomori: 1) stile di vita centrato sul restare chiuso in casa; 2) mancanza di interesse e volontà a frequentare la scuola o a lavorare; 3) persistenza dei sintomi oltre i 6 mesi; 4); esclusione di disturbo dello spettro della schizofrenia, di disabilità intellettiva o altri disturbi mentali 5) esclusione di coloro che, pur non mostrando interesse per la scuola o il lavoro, mantengono relazioni interpersonali.

Sebbene tali condizioni siano state riscontrate prevalentemente all’interno dei confini nipponici, la letteratura scientifica riporta casi anche in Spagna, Oman, Stati Uniti, Italia e in altre nazioni.

L’autoreclusione assume forme differenti: alcune persone si ritirano a casa o nella propria stanza; altre escono dalla propria abitazione unicamente di notte per evitare contatti con i vicini oppure escono da soli senza allontanarsi dal proprio quartiere. La maggior parte del tempo viene trascorso leggendo, giocando ai videogiochi, ascoltando musica, dormendo e guardando film o serie televisive. Nei casi più estremi, chi pratica l’hikikomori si ritira nella propria stanza e sigilla le finestre con carta e nastro adesivo, impedendo l’accesso anche ai familiari. Il quadro è ancora più drammatico se si pensa che i giovani che praticano l’hikikomori possono agire violenza all’interno dell’ambiente domestico, in cui la vittima principale è, frequentemente, la madre.

Talvolta, chi non vuole o non riesce a comunicare con il mondo esterno utilizza internet come strumento di contatto con gli altri garantendosi privacy e anonimato, al fine di instaurare rapporti virtuali, anche intimi, con persone conosciute esclusivamente via web. Viene osservato, comunque, che solo una minoranza di soggetti socialmente ritirati utilizza internet per entrare in contatto con gli altri, mentre nei casi più gravi gli strumenti tecnologici non vengono impiegati con finalità relazionali. Rispetto al contesto italiano, l’esperienza di alcuni clinici sembra suggerire un uso simile della rete.

Per comprendere il fenomeno dell’hikikomori bisogna porre molta attenzione, a mio avviso, ai processi di industrializzazione, al cambiamento degli stili di vita e alla progressiva apertura virtuale (o potremmo anche dirla con chiusura relazionale) dei nostri tempi. L’evoluzione dei processi produttivi ha modificato il panorama urbano dei piccoli e dei grandi centri e ha costretto un numero sempre maggiore di persone a spostarsi nelle città. È, quindi, via via diminuita la rilevanza dei microsistemi economici locali, all’interno dei quali si rivelavano funzionali i rapporti di dipendenza reciproca. È, altresì, accelerato il processo di alfabetizzazione e, quindi, la diffusione e lo sviluppo dei saperi. Sempre più adolescenti hanno avuto la possibilità di scegliere” un percorso formativo personale e specializzante. Se in passato, all’interno di comunità relativamente piccole, le nuove generazioni trovavano poche difficoltà a inserirsi e a proseguire le principali attività produttive ed economiche locali (agricoltura, artigianato e piccole attività commerciali), oggi la specializzazione tende ad allontanare i giovani dal proprio nucleo d’origine fisicamente e culturalmente.

Relativamente al contesto italiano, a oggi non sono disponibili in letteratura studi epidemiologici e sperimentali sull’argomento, sebbene siano state condotte delle analisi iniziali. Le indagini condotte da studiosi di provenienza diversa hanno aiutato a delineare più chiaramente la natura del fenomeno che considera il dolore degli adolescenti hikikomori che veicolano la sofferenza esperita attraverso vissuti di vergogna e di inadeguatezza, rendendosi invisibili.

L’analisi del ritiro sociale dovrebbe indurre a una più approfondita riflessione psicologico-clinica sulle modalità di espressione della sofferenza e del disagio e come esso si esprime soprattutto nei più giovani sottolineando come il malessere che contraddistingue le nuove generazioni sia una condizione capillarmente diffusa al di là delle differenze culturali e, pertanto, debba essere considerato con attenzione particolare e preoccupazione.

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