Al momento stai visualizzando Ipocondria

Ipocondria

Il significato sotteso

Freud ha definito l’ipocondria una nevrosi attuale, vale a dire l’attualizzazione, attraverso sintomi corporei amplificati, di una nevrosi formatasi nel corso della vita di un individuo.

Per parlare in maniera più profonda dell’ipocondria, per non liquidare i sintomi ipocondriaci come paure inesistenti di persone profondamente ansiose, occorre andare molto indietro nella vita di una persona, probabilmente ai vissuti infantili. I traumi di quel periodo di vita non hanno ricordi, non hanno memorie, non hanno oggetti riconducibili a quei momenti (ricordiamoci che il cervello non si è ancora sviluppato del tutto e conseguentemente le tracce mnestiche non hanno magazzino dove conservarsi), e quindi non possono fare altro che incistarsi, per poi manifestarsi prossimalmente sul piano somatico. I pazienti ipocondriaci avvertono questo incistamento degli eccitamenti traumatici e lo associano quasi sensorialmente a una capsula tensiva situata nel profondo del corpo che pulsa e palpita spostandosi spesso da organo a organo. Questi nuclei di tensione pongono il Sé sotto una minaccia devastante perché non essendo conosciuti non sono neanche integrabili; il reindirizzarli verso gli oggetti fallisce perché l’oggetto non esiste nella dimensione traumatica, si instaura quindi uno stato di pericolo imminente, uno sviluppo nella direzione dell’istino di morte che non possiede alcun effetto costruttivo.

Il Sè deve fare qualunque cosa per scongiurare l’annientamento, e lo spostamento sull’organo investito dall’ipocondria potrebbe essere una soluzione.

Molti pensano che l’ipocondria sia strettamente correlata a processi psicotici, Se così fosse, ovvero se fosse possibile legare la quantità di eccitazione traumatica liberata in formazioni psicotiche, penso che il rischio di dissoluzione sarebbe evitato. Alla luce di questo ragionamento quindi l’ipocondria non sarebbe una difesa contro la schizofrenia bensì il fallimento di una riparazione schizofrenica e una difesa contro la dissoluzione del Sé.

Winnicott nel 1974 parla del breakdown, del crollo. Testualmente: “ il crollo temuto è già avvenuto all’inizio della vita dell’individuo. Il paziente ha bisogno di ricordare ma non è possibile ricordare qualcosa che non è ancora avvenuto ( intendendo con ciò che è avvenuto ma non ricordato e quindi come se non fosse avvenuto), e questa cosa appartenente al passato non è ancora avvenuta perché il paziente non era lì. Per comprendere questo è necessario pensare non al trauma, ma a un niente, mentre qualcosa sarebbe dovuto accadere. I traumi lasciano dietro di Sé impressioni o immagini, i crollo diventano un vuoto “. La tesi di Winnicott è che il crollo sia avvenuto in un tempo di dipendenza assoluta in cui il Sè non riesce ancora a distinguere con certezza il me dal non-me. Quindi il crollo è un evento traumatico senza le caratteristiche del traumatico, un qualcosa che è avvenuto prima che si possa essere costituito un apparato psichico evoluto.

Il terapeuta sta lì a facilitare che in analisi si riproponga il dettaglio del passato che ci faccia riesperire il traumatico, anche senza l’obbligatorietà di dargli un nome. Così si libera la ciste incapsulata. Questa ricerca prende la forma del cercare questo dettaglio nel futuro. Queste supposizioni collimano con una serie di anomalie psicogenetiche dell’ipocondria: sono individuabili di volta in volta gravi disturbi nella relazione precoce con la madre, come gravi esperienze di separazione (spesso settimane o mesi), improvvise rotture di contatto, invidia, patologia della madre o del soggetto, abusi, comportamenti intrusivi (spesso sessualizzati), stimolazioni eccessive e così via, unitamente ad un padre frequentemente assente ( nella realtà o nella mente). Il bambino non può da solo trasformare questo crollo e non può nemmeno esprimerlo o comunicarlo all’oggetto. Necessita di qualcuno che si sostituisca all’oggetto primario, che riconosca la catastrofe e, soprattutto, sappia trasformarla. Altrimenti si realizza il vuoto (il terapeuta sta lì come sostituto dell’oggetto primario), ovverosia uno stato senza nome, impensabile. Quella che Freud chiamava coazione a ripetere, la costrizione nel dovere costantemente rivivere l’incistamento traumatico, è una caratteristica importante del nostro inconscio. Ciò che non si può ricordare si può ripetere nell’attualizzazione del “qui e ora”. E’ come se la nostra mente desse due ordini al cervello, due ordini apparentemente contrapposti: non ricordare con le strutture cerebrali deputate a farlo (corteccia prefrontale), ma ripetere attraverso il corpo ( azioni ). Alla luce di questo ragionamento, l’attuale è il traumatico puro che rimane insistentemente presente e non integrato, eludendo i processi mentali.

Ipocondria: sintomi, cause e cura

Le lamentazioni ipocondriache sono il tentativo di esprimere la paura precedente al crollo, di dare un nome al vuoto, ma anche di assolvere la funzione di scarica motoria. In una tale dinamica, l’ipocondria verrebbe quindi concepita come una difesa contro un crollo.

In terapia, la sola maniera di “ricordare”, è quella di fare esperienza del passato nel presente attraverso il transfert, probabilmente una sensazione esperita per la prima volta dal paziente Dunque, come accade questo spostamento nel corpo, nell’organo? Attraverso il meccanismo della proiezione, vale a dire depositare questa angoscia senza nome incapsulata nell’organo poiché in una strutturazione di questo tipo non è possibile per il Sè la trasformazione del traumatico in elemento psichico, operazione che darebbe la libertà necessaria all’organo di agire la sua funzione somatica.

Ora quindi, attraverso il meccanismo proiettivo, abbiamo un angoscia senza nome incistata nel corpo, nell’organo. Capiamo bene come il Sè sia soggetto, in questo modo, ad una minaccia devastante e permanente. Esso, somatizzato e dominato, diviene fatalmente pericoloso poiché il Sè non ha altra possibilità che sacrificare il suo organo “prezioso”.

I pazienti hanno paura di morire, sembrano in uno stato di panico senza soluzione. Gli organi (oggetti) reagiscono regolarmente in modo non comprensivo, non assimilativo, sprezzante. Ancora più importante della reazione degli oggetti reali è la mutazione intrapsichica dell’oggetto primario anelato ( la persona che quando eravamo piccoli ha permesso il crollo, non ha saputo proteggerci). Questo oggetto, dentro di noi, diviene un Super-Io mostruoso che ci permea, un’ombra inconcepibile. La situazione sembra senza soluzione possibile: l’oggetto deve nutrire ma non nutre, deve essere presente ma non vi è nulla che lo possa contenere psichicamente. Il Sè indebolito deve trovare una soluzione, appunto lo spostamento degli elementi traumatici nell’organo di maggior valore che viene quindi offerto all’introietto. L’oggetto resta lì com’è, anche se tiene in sospeso il crollo.

La terapia, o meglio la figura del terapeuta, prova a dare una speranza: la possibilità di un oggetto capace di accogliere in un modo che sia amorevole e presente il paziente ed i suoi introietti. La crisi ipocondriaca viene sviluppata a causa dell’incapacità del soggetto di dispiegare le proprie risorse per trasformare gli elementi psichici in elementi significativi. Noi siamo lì per questo, per fornire supporto a tutto ciò. E’ un compito difficile perché il paziente inconsciamente rema contro, impedisce di trovare un oggetto accogliente ed … assorbente. Ma si può fare, questa è la sfida.

Lascia un commento