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La crisi adolescenziale

come fase normativa di sviluppo

 

Il processo biologico di crescita e differenziazione durante la pubertà comporta cambiamenti nella struttura fisica e nelle funzioni dell’organismo. Se il cambiamento avviene in modo tipico e sequenziale noi parliamo di un processo di maturazione e con il termine pubertà si descrive questo sviluppo o processo che include l’emancipazione corporea e la maturazione sessuale.
Con il termine adolescenza ci riferiamo invece ai cambiamenti psichici che con la pubertà sopravvengono in una maniera molto meno omogenea, più complicata e duratura. Questi cambiamenti traggono origine da un’interazione fra pressioni psichiche interne ed esterne.
Quello che osserviamo è il tentativo di adattamento alla nuova situazione psico-affettiva creatasi con le modificazioni delle strutture psichiche e la loro nuova dinamica intrinseca ed estrinseca.
L’adolescenza è considerata in generale come il processo di seconda individuazione; la prima si completa di solito verso il terzo anno di età con il raggiungimento della costanza oggettuale cioè con l’internalizzazione da parte del bambino delle figure genitoriali.
Entrambi questi periodi hanno in comune la vulnerabilità dell’organizzazione della personalità e l’urgenza nel cambiamento critico evolutivo della struttura psichica. Quello che “nell’infanzia è la rottura della membrana simbiotica con la madre per il bambino che comincia a camminare, diventa in adolescenza l’espressione dello scioglimento dei legami familiari, e di uno sganciamento per l’adolescente dagli oggetti dell’infanzia per diventare un membro del mondo degli adulti e della società in generale” (Mahler).
Per capire quello che avviene nel processo adolescenziale è necessario perciò tornare indietro al rapporto dell’infante con la madre, con la famiglia e con il mondo esterno.Il rapporto cioè del bambino con il suo ambiente costituito dal ventre materno prima, e dalla madre poi. Con la crescita del bambino e l’aumento delle sue percezioni ed interessi l’ambiente diventa la famiglia ed il cerchio affettivo si allarga. Successivamente la scuola, gli amici ed infine il paese e la società lo strutturano ancor di più. Si tratta di una influenza reciproca fra forze interne ed esterne, tra un dialogo che va accadendo dentro il bambino e l’altro che accade fra il bambino ed il suo ambiente.
Un bambino che ha la capacità di internalizzare una madre accudente ed affettiva sarà un adolescente meno problematico, infatti il possedere internamente tale figura sembra essere una condizione indispensabile per poter ottenere lo spostamento dell’investimento libidico verso oggetti nuovi che dovranno rappresentare una delle condizioni essenziali del normale processo adolescenziale; in altre parole, l’adolescente che non ha avuto una figura materna se la deve inventare .
Lavorando con gli adolescenti molti autori (Dereck Miller, R.Goslig ed altri) hanno individuato tre fasi del processo adolescenziale distinguendo una prima adolescenza, una fase di mezzo ed una tarda adolescenza.

La prima adolescenza

La prima adolescenza è caratterizzata dalle richieste di aiuto ai genitori o sostituti nel tentativo di controllare i nuovi bisogni e insoddisfazioni che nasconoo.
La media adolescenza è caratterizzata dalla richiesta di essere lasciati soli per crescere e svilupparsi in modo originale e personale. E’ questo totale cambiamento nella situazione di bisogno che crea problemi difficili per i genitori poiché lo stesso figlio che fino a poco prima aveva loro rivolto grandi domande di aiuto è ora cresciuto rifiutando l’aiuto stesso e ribellandosi e chiedendo di essere lasciato solo. Dipende dalla maniera in cui genitori e adolescenti si confrontano fra di loro in questa fase se questo conflitto non provoca gravi turbamenti o se la sofferenza da parte dei genitori induce a comportamenti aggressivi con conseguente fuga da parte dell’adolescente.
L’adolescente arriva così all’emancipazione del suo corpo che si esprime anche nel passaggio dalla dipendenza passiva alla capacità propria ed attiva. Egli si sente competente, autosufficiente, l’impulso aggressivo diventa ora dominante in modo pervasivo e si esprime non solo attraverso fantasie e gioco attivo ma anche nella competizione, nella rivalità, molte volte nell’agire o in atti violenti. Le precondizioni del comportamento violento non sono la sola caratteristica dell’adolescenza, ma esse sono anche legate alla paura della passività o all’impatto fra gravi frustrazioni interne e pressioni ambientali che potranno indurre a uno sviluppo antisociale e criminale.
L’aggressività può esprimersi con derisione, disprezzo, arroganza e ostilità sia nel comportamento sia nel linguaggio, quest’ultimo connotato maggiormente di analità nella prima adolescenza e di sessualità nella tarda adolescenza. Come diceva un paziente adolescente nella sua analisi: all’età di 13 anni era tutto merda, all’età di 15 era tutto sesso.

La tarda adolescenza

La tarda adolescenza è caratterizzata da una considerevole rivalità con i genitori.
L’adolescente diventa ora arrogante, per cui i genitori sono designati come “passati” o “superati” o “finiti”, per esempio non sanno come fare a divertirsi o fare all’amore, sottolineando così che il futuro appartiene a lui e non ai genitori.
I genitori influenzano il corso dello sviluppo del tardo adolescente con il loro comportamento che può essere acquiescente o indifferente o indoverosamente punitivo. In altre parole c’è un’interazione continua molto viva tra genitori ed adolescenti e molto dipende dal modo in cui il distacco dai genitori viene effettuato, in particolare se è compiuto con ragionevole tolleranza o massimo attrito, odio o rifiuto. Questi ultimi molte volte si sentono talmente confusi che provano tutto questo insieme, ciò porta necessariamente ad una confusione dei ruoli .
Sarebbe però fuorviante presumere il periodo adolescenziale solo transitorio e disturbato. L’esperienza dell’adolescente mostra al contrario di essere un’esperienza formativa con una visuale costantemente soggetta a cambiamenti da una fase all’altra.
Il momento cronologico parla per sé, l’equilibrio psichico raggiunto fino alla soglia dell’adolescenza, per quanto possa essere caratteristico e prezioso in ogni individuo, diventa ora preliminare e precario. Un fermento di strutture che continuamente lottano per formarsi. La crisi può essere rimandata e prolungata ma è inevitabile; fa parte di un processo di maturazione dove l’Io tenderà a riorganizzare i nuovi accadimenti in modo coerente.
Il bisogno però di trovare una sua identità personale, anche per l’adolescente più sano, è imperativo.
Molte volte le interferenze e le pressioni ambientali operano silenziosamente attraverso l’infanzia accumulandosi fino all’adolescenza; sono meno massicce ma più continue e cumulative, ed è solo recentemente che abbiamo cominciato a valutare la loro entità patologica; praticamente l’ambiente non solo manca nel riconoscere i bisogni del bambino ma in maniera seduttiva lo manipola e gli impone valori propri.
Tutti si affannano a comprendere, prevenire e spiegare la crisi adolescenziale non curandosi del fatto che gli adolescenti non vogliono che gli altri capiscano per loro, vogliono scoprire e sperimentare da soli.

Identità prefabbricate per adolescenti

Specialmente in questi ultimi decenni si è creata un’industria speciale per gli adolescenti ove gli si offre una identità prefabbricata, non solo attraverso la campagna pubblicitaria consumistica ma anche con i codici morali. A mio avviso la società moderna invade quasi continuamente e massivamente lo spazio psichico del bambino prima e dell’adolescente poi, privandolo così del suo proprio contributo nella società e della sua capacità di creare: costringendolo o ad accettare una falsa socialità, cioè a identificarsi con gli eroi della cultura o della folla, fino al punto di una apparente perdita completa di identità, o di reagire e rifugiarsi in aggregati coetanei dove adottano l’identità dei gusti.
Per l’adolescente le distanze sono necessarie anche per la lotta per un proprio territorio emotivo e il senso dell’individualità: la sua sessualità gli appartiene per forza, deve essere esplorata e conquistata da se stesso. Sessualità ed identità divengono in questa luce quasi sinonimi.
Bisogna considerare che i meccanismi molto arcaici di spostamento e proiezione sono oltre che naturali (non patologici) necessari nel processo adolescenziale. In altre parole, è più facile per lui proteggersi da pericoli percepiti esternamente che internamente. Così gli stessi cambiamenti corporei puberali sono meno allarmanti se spostati, osservati e affrontati nel corpo dell’amico o dell’amica (brufoli, barba, peli, seni, la mestruazione o anche la masturbazione), portando l’adolescente a proiettare la fonte interna del pericolo nel mondo esterno. Così l’ambivalenza, il dolore psichico, la depressione e le fantasie di diverso genere vengono tenute lontane, messe cioè in qualcun altro.
Come si sa l’esternalizzazione rende possibile un sistema di vita basato su rapporti controllati con aspetti del proprio Sé non separati ma distanziati; e come l’eroe tormentato, che non vuole conoscere la terribile responsabilità della solitudine, l’adolescente cerca disperatamente il gruppo per condividere immaginativamente l’azione adattandosi all’ethos del gruppo con una dovuta conformità. Il meccanismo dell’agire, in questo senso, potrebbe avere una funzione normativa nell’evoluzione, cioè essere inerente alla “sindrome della crescita”.
Ma per l’incapacità dell’adolescente, in questo momento, di prendere la minima distanza dai suoi atti per poterli metaforizzare, spesso l’agire si manifesta, senza la mediazione del tempo, più in forma drammatica che in narrazione comunicativa; le emozioni sono spalmate nell’azione e lui stesso rimane assorbito e consumato dal suo atto, con la partecipazione totale del suo mondo interno.
Nel processo terapeutico, spesso, l’acting-in e l’acting-out , si manifestano come un tentativo di controllare esperienze e difficoltà risalenti alla primissima infanzia che un tempo erano state sperimentate in forma passiva e traumatica. Diventa allora importante il compito dell’analista nel cogliere la tematica inconscia sottostante l’azione stessa come una comunicazione fondamentale. Ma paradossalmente l’adolescenza, pur sembrando privilegiare il dramma (riguardare il mondo esterno), è una tragedia (riguarda il mondo interno); è un processo trasformativo che lascia impronte profonde nella personalità dell’adolescente per il resto della sua vita, un mistero doloroso con una lunga elaborazione sostenuta, nutrita e articolata dal tempo.
L’incapacità narcisistica dei genitori di modificare, cambiare o rinunciare ai propri sogni sui figli può interferire massivamente sui processi trasformativi del figlio. Un sogno non interrotto trascendentale, che asseconda la parte narcisistica genitoriale lo depriva dalla lotta con il proprio destino.
L’adolescenza può essere una storia sottile, non sempre lineare, dove si vede tutta la brillantezza del disordine adolescenziale, senza ancora le leggi che lo regolano. Winnicott e Khan utilizzano l’espressione “bonaccia adolescenziale” per descrivere quei pochi anni in cui ogni individuo non ha via d’uscita salvo quella di aspettare ed affrontare tutta questa burrasca senza la consapevolezza di quello che sta avvenendo sia in termini corporei sia in termini affettivo- emotivi.

 

Bibliografia

Gosling R. (1974), Adolescence: the crises of adjustment, London, G. Allen & Unwin Ltd.

Mahler M., Pine F., Bergman A. (1975), La nascita psicologica del bambino, Boringhieri, Torino, 1978.

Miller D. (1969), The age between, London, Cornmarket/Hutchinson.

Miller D. (1970), ” Parental Responsibility for Adolescent Maturity”, in:The Family and its Future, K. Elliott, London.

Miller D. (1974), Adolescence. Psychology, Psychopathology & Psychotherapy; Jason Aronson, New York.

Winnicott D.W. (1961), “Adolescenza: il dibattersi della bonaccia”, in La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Armando, Roma,1968.

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